| {Anica Juan Enrique} Estación de Francia - 9.35 am;
Quando il treno emanò un denso sbuffo di vapore bianco sporco, frenando sui binari ferrei, il cuore della ragazza sobbalzò come scosso da un fremito interno. Era ancora tra le braccia di Morfeo, quando l'uomo grassoccio e sudato che le sedeva accanto, le posò le dita unte sulla spalla, come per svegliarla, nonostante il tocco prolungato non fece altro se non lasciarle intendere che sotto vi fossero idee meno nobili. -Señorita, siamo arrivati- come previsto anche la sua voce suonava sgradevole. Come se la massa adiposa che giaceva sotto il mento gli impedisse di parlare con voce corretta ed altisonante. Anica aprì gli occhi lentamente, lasciando che le lunghe ciglia nere rivelassero le iridi metalliche, di quella particolare cromatura che le rendeva liquide come il piombo fuso. Mise subito a fuoco il compagno di viaggio, anche se con una nota di disgusto, sottraendosi veloce alle dita dell'uomo che sembravano volersi chiudere in una presa solida sulla sua spalla. -Thanks...- mormorò nella lingua della sua madrepatria, notando poi che il sorriso dell'uomo si faceva incerto. Doveva essere spagnolo...e probabilmente non aveva viaggiato un granchè nelle colonie inglesi da comprenderla. -Gracias, Señor- si corresse allora, regalandogli uno dei suoi sorrisi più ampi ed angelici, mentre recuperato il misero bagaglio beige, si affrettava a scendere dal treno vivo e sbuffante, quasi trascinata dalle ondate di pendolari e stranieri che s'affollavano sulle banchine. La stazione odorava di fumo e polvere, mentre qualche imprenditore panciuto boccheggiava da un sigaro aromatico, lasciandole nelle narici l'odore speziato di questo, seguito poi dallo sgradevole fondo amaro. Subito un velo di calore si posò sulla pelle di Anica, lasciandola per un attimo stordita. Non che l'Australia fosse più fredda, ma i fumi del treno e la massa lenta di persone, rendevano il tutto più afoso. Con qualche sforzo la ragazza riuscì a distaccarsi dagli altri passeggeri, portandosi su un lato della banchina coperto. Lì un venticello fresco spirava appena, accarezzandole le braccia snelle, coperte dalla camicetta di seta avorio, elegantemente infilata nella gonna a tubino a vita alta che le fasciava i fianchi stretti con cura, disegnando alla perfezione la curva della vita esile. Aveva indossato delle semplici scarpe nere dal tacco troppo alto. O almeno, qualsiasi donna minimamente abituata le avrebbe portate senza problemi...ma Anica non era certo tipa da agghindarsi a quel modo. Alzò lo sguardo al cielo, dove un'arcata di vetri colorati non lasciava che gli occhi scorgessero il cielo. Eppure, al di là si potevano scorsgere le sagome delle nembi, muoversi veloci, trasportate dal vento, mentre qualche raggio di sole estivo colpiva la vetrata, irradiando l'intera stazione di meravigliosi giochi di luce, proiettando sulla sua figura slanciata colorati spettri. Un sorriso le nacque sulle labbra carnose, mentre con un grande respiro assicurava la stretta della destra contro la maniglia della valigia. La sua città. Barcellona. Era nata in Australia, certo...eppure non si era mai sentita così a casa, così a proprio agio. Era come se l'aria calda le stesse spirando direttamente in corpo l'ispirazione che stava cercando.
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